2005 – Shylock, l’arte della maschera
liberamente tratto da Il Mercante di Venezia di William Shakespeare e dalla prima novella del quarto giorno de Il Pecorone di Giovanni Fiorentino
Regia: Michele Modesto Casarin
Aiuto regia: Scilla Bonfiglioli
Drammaturgia: Miriam Tessaro, Michele Modesto Casarin
Scene e costumi: Licia Lucchese
Realizzazione scene e costumi: Caterina Volpato
Maschere: Stefano Perocco di Meduna
Maschere in cartapesta: Marco Bassi
Coreografie: E. Canessa, F. Manenti, M. Massimi
Produzione: Compagnia Pantakin.
Con Manuela Massimi, Roberto Serpi, Michele Modesto Casarin, Marta Dalla Via, Elisa Canessa, Francesco Manenti.
Shylock, l’arte della maschera, nasce dal tentativo di rileggere un grande classico attraverso i ritmi e le peculiarità compositive della Commedia dell’Arte. Il Mercante di Venezia è ideale per la sua ambientazione, per il fascino e per le svariate possibilità di interpretazione insite in ognuno dei caratteri dell’opera. L’operazione è senza dubbio irriverente, ma lo studio sulla maschera, che ne è il fulcro, sta svelando come alcuni aspetti problematici, e per questo particolarmente interessanti del testo originale, possano diventare materiale prezioso per dare uno spessore drammatico ai lazzi della Commedia dell’Arte. Sostituendo la cornice fiabesca di Belmonte con quella scanzonata e a volte crudelmente ironica della Commedia ed esasperando alcuni tratti di Antonio, Porzia e Bassanio, Shylock finisce per diventare un Pantalone tragico, il solo coerente con se stesso, l’unico che non si camuffa e non si smentisce. Gli altri, che si ergono a suoi giudici, nell’iperbole di travestimenti a cui s’abbandonano per ottenere ciò che vogliono, rivelano l’umana ipocrisia. La maschera assume quindi una miriade di ruoli e significati: è ciò che si indossa per non farsi riconoscere o per farsi accettare, per apparire ciò che non si è o semplicemente per divertirsi. Ma è anche la maschera che siamo costretti ad indossare o la maschera che non riusciamo a strapparci di dosso, quella che copre la superficie, quella che svela l’essenza.Questo spettacolo si colloca nel percorso di ricerca e studio sulla maschera del regista Michele Modesto Casarin e completa una trilogia composta, inoltre, da Il Principe Moro e Lazzaretti Lazzaroni.